IPCC: cosa dice il nuovo Report di Sintesi 2023
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IPCC: cosa dice il nuovo Report di Sintesi 2023 Consorzio

È uscito nei giorni scorsi il nuovo Rapporto di Sintesi dell’IPCC (AR6 - Synthesis Report for Policy Maker), ultimo elemento del Sesto Rapporto di Valutazione sui Cambiamenti Climatici (AR6) che funge da "super-sintesi" di quanto sappiamo ad oggi su come il cambiamento climatico causato dall’uomo influenza il nostro pianeta e su cosa possiamo fare per contrastare questa crisi globale. 

L’IPCC è il panel delle Nazioni Unite che riunisce centinaia di scienziati nel mondo con l’obiettivo di raccogliere, valutare e sintetizzare i risultati di tutti i lavori pubblicati sulle riviste scientifiche internazionali inerenti al tema dei cambiamenti climatici e dei suoi impatti, comprese le soluzioni di mitigazione e adattamento necessarie. 
Questa ultima sintesi pubblicata lo scorso lunedì 20 marzo vuole rilanciare con messaggi semplici e infografiche chiare, che la crisi climatica rischia di essere ormai ingestibile se non agiremo al più presto. Proprio per sottolineare quanto urgente sia un’azione concreta, il primo report di sintesi che esce nel 2023, AR6 2023, è proprio diretto ai Policy Makers, ovvero a chi queste decisioni le deve prendere. 

Vi riportiamo qui i punti essenziali che sono contenuti nel report, che si può leggere e scaricare (PDF).
 

Le evidenze   

La temperatura media globale, rispetto al cinquantennio 1850-1900, è aumentata di 1.1 °C, incremento causato inequivocabilmente (unequivocally - dice l'IPCC) dalle attività umane ed in particolare dall’emissione di gas ad effetto serra (immagine sotto). La temperatura media è aumentata maggiormente sulle terre emerse (+1,59 °C) rispetto agli oceani (+0,88 °C). 

L’attuale concentrazione di anidride carbonica (412 ppm) è la più alta degli ultimi 2 milioni di anni, mentre le concentrazioni di metano (1866 ppb) e di ossido di azoto (332 ppb) hanno raggiunto il picco degli ultimi 800.000 anni. Se consideriamo il periodo compreso tra il 1850 e il 2019 osserviamo che il 42% del totale dei gas a effetto serra di origine antropica è stato emesso negli ultimi 30 anni.

 

Le forzanti naturali, come attività vulcanica e solare, e la variabilità climatica interna (ad es. correnti oceaniche, fasi ENSO, fasi NAO), hanno contribuito, negli ultimi 140 anni, a variazioni termiche comprese tra -0,3 e +0,3 °C, mentre le attività umane hanno causato variazioni comprese tra +0.8 e +1,3 °C.

 

Gli impatti

L’aumento della temperatura globale è un fenomeno rapido e diffuso ed ha causato impatti significativi, osservabili e misurabili sui principali sistemi climatici: atmosfera, biosfera, criosfera e idrosfera. Il cambiamento climatico, inoltre, sta influenzando i fenomeni meteorologici estremi in tutte le regioni del mondo modificandone intensità, durata e frequenza. 


IDROSFERAtra il 1901 e il 2018 il livello medio dei mari è salito, globalmente, di circa 20 cm con una significativa accelerazione del rateo di incremento, passato da 1,3 mm/anno tra il 1901 e il 1971, a 3,7 mm/anno tra il 2006 e il 2018. L’assorbimento da parte degli oceani di circa il 30% della CO2 emessa dall’uomo è alla base del processo di acidificazione dei mari (l’acidità dei mari è aumentata di circa il 30% nell’ultimo secolo). Il numero di ondate di calore “marine” è raddoppiato dal 1980 ad oggi. 

ATMOSFERA: l’aumento delle temperature globali causato dalle attività umane è molto probabilmente il principale driver delle variazioni osservate nella frequenza, nella durata e nell’intensità di eventi meteorologici estremi, in particolare di ondate di calore, siccità e precipitazioni intense. Stretta correlazione tra ondate di calore e fasi siccitose. Si osserva altresì una diminuzione nella durata e nella frequenza delle ondate di freddo e dei giorni freddi in generale. 

CRIOSFERA: il cambiamento climatico causato dalle attività umane è la causa principale del forte ritiro globale dei ghiacciai montani a partire dagli anni Novanta e della marcata riduzione dell’estensione e dello spessore della banchisa artica osservate negli ultimi 20 anni. Gli impatti, significativi, si osservano anche nella riduzione della copertura nevosa primaverile nel nord emisfero, nell’aumento della fusione superficiale della calotta groenlandese e di porzioni della calotta antartica occidentale e nella fusione del permafrost in varie zone della Siberia, del Canada e dell’oceano Artico.  

BIOSFERA: il cambiamento climatico sta avendo significativi impatti sulla biodiversità e sugli ecosistemi. Danni e perdite irreversibili di specie animali e vegetali sono stati osservati negli ecosistemi costieri, fluviali, lacustri, marini, terrestri e polari. Una parte significativa di questi eventi sono stati causati da stress termici legati a ondate di calore e variazioni nelle fasi idrologiche (siccità, inondazioni), a loro volta concausa della degradazione dei terreni e dei processi di desertificazione. Particolarmente esposte al fenomeno le aree umide, i delta fluviali, le zone costiere depresse e le aree con permafrost.

IPCC figura 2

Figura SPM1 (parziale) -  inserita nel Report IPCC  AR6 Synthesis Report 

Vedi originale 

 

Numerosi ecosistemi, sia terresti che marini, non riescono a adattarsi all’aumento troppo rapido delle temperature e questo comporta, oltre alla perdita di biodiversità, mutamenti nella distribuzione geografica di specie animali e vegetali. 

 

In particolare si registrano spostamenti senso latitudinale (soprattutto verso Nord) e altitudinale (verso quote superiori). Gli effetti fin qui riassunti hanno impatti inevitabili anche sulla popolazione umana (vedi immagine sotto), la cui sopravvivenza dipende in gran parte dagli equilibri ecosistemici. Circa la metà della popolazione (3,3-3,6 miliardi su 8), vive in contesti molto vulnerabili rispetto ai cambiamenti climatici, in particolare le aree del pianeta più povere. Tra le minacce dirette del cambiamento climatico per l’umanità, ondate di calore, siccità e alluvioni sono quelle attualmente che incidono maggiormente in termini di vittime e danni economici. 


Occorre sottolineare che la gran parte dei mutamenti elencati sono già irreversibili e la loro ampiezza in futuro dipenderà da quanto conterremo/aumenteremo le emissioni nei prossimi decenni. 


Cosa si sta facendo

ADATTAMENTO: rispetto al passato si registra una maggior consapevolezza rispetto al problema del cambiamento climatico con efficaci pratiche di adattamento messe in atto da 170 nazioni in tutto il mondo. Risvolti positivi in termini di riduzione del rischio associato agli effetti del cambiamento climatico sono documentati e numerosi in specifici contesti, settori e regioni.

Tra le pratiche messe in atto ci sono:

  • gestione della risorsa idrica (sia attraverso la raccolta che attraverso un utilizzo più efficace),
  • miglioramento delle specie agricole e agroforestali,
  • diversificazione delle produzioni,
  • aumento della copertura verde urbana,
  • recupero e ripristino delle aree umide,
  • riforestazione, miglioramento dei sistemi di allertamento e risposta (infrastrutture protettive) rispetto a eventi meteorologici estremi.

Tuttavia, queste pratiche sono ancora molto frammentarie a livello globale e presentano grandi differenze territoriali, sia in termini di applicazione che di efficacia. 

MITIGAZIONE: ancora più variegate e frammentate le politiche di mitigazione, cioè atte a ridurre considerevolmente le emissioni di anidride carbonica entro il 2030. Sebbene l’applicazione degli impegni siglati nelle ultime COP da parte di diverse nazioni ha evitato l’immissione di ulteriore CO2 in atmosfera (circa 5.9 Gigatonnellate/anno), la concentrazione continua a crescere, quindi gli sforzi messi in atto sono ancora insufficienti per raggiungere gli obiettivi prefissati.
 

per contenere l'incremento della temperatura globale entro 1.5 °C rispetto ai valori preindustriali, le emissioni di CO2 dovrebbero ridursi del 45% entro il 2030

 

Se vogliamo riuscire a contenere l'incremento della temperatura globale entro 1.5 °C rispetto ai valori preindustriali, le emissioni di CO2 dovrebbero ridursi del 45% entro il 2030 (rispetto ai valori emessi nel 2010) e azzerarsi nel 2050, un traguardo che ad oggi ha il 50% di possibilità di essere centrato. Il contenimento entro i 2 °C, invece, ha maggiori possibilità di essere raggiunto a patto che le emissioni si riducano del 25% entro il 2030 e si azzerino nel 2070 (probabilità del 67%). Qualche segnale che lascia ben sperare si riscontra nel panorama economico e legislativo: in soli 10 anni (2010-2019) il costo delle energie rinnovabili è diminuito tra il 50 e l’80%, mentre tra il 2013 e il 2020 gli investimenti su mitigazione e adattamento sono aumentati del 60%. Leggi che indicano chiaramente obblighi e indirizzi per la riduzione dell’uso dei combustibili fossili sono presenti in 56 paesi che rappresentano, da soli, il 53% delle emissioni globali. Le nuove tecnologie e pratiche agricole, infine, sono quasi tutte concepite per ridurre l'impatto ambientale e le emissioni. 


SCENARI

ad oggi è probabile che la temperatura media globale, entro il 2100, ecceda la soglia di +1.5 °C e che possa sfiorare i 2 °C (scenari più ottimistici).

 

Per raggiungere gli obiettivi prefissati è necessaria l’applicazione diffusa e l’implementazione degli impegni presi nella COP26 (i cosiddetti NDC-Nationally Determined Contributions). Se invece gli impegni dovessero rimanere quelli precedenti la COP26, l’aumento della temperatura entro fine secolo potrebbe sfiorare i 3 °C di anomalia (2,7 °C – immagine sotto), vale a dire lo scenario definito come “intermedio”. Risulta invece piuttosto improbabile lo scenario peggiore (+4,4 °C entro il 2100) in quanto basato su un modello economico-sociale in fase di superamento (BAU-Business As Usual) e su ipotetici, quanto remoti, errori di valutazione nei meccanismi di feedback e di sensibilità termica della CO2. 


 
Gli impatti sui sistemi climatici e sugli ecosistemi degli incrementi di temperatura fin qui stimati risulterebbero, ovviamente, molto differenti (immagini 4-5, visita anche https://interactive-atlas.ipcc.ch/). I fenomeni estremi diventerebbero più diffusi e frequenti con l’aumentare dell’anomalia termica globale prevista nei vari scenari, in particolare ondate di calore e precipitazioni di eccezionale intensità. Inoltre, i terreni di vaste zone del pianeta subirebbero un processo di inaridimento tanto più esteso e profondo, quanto più marcato risultasse l’incremento della temperatura globale. Le ricadute in termini “meteo-climatici” avrebbero, in base ai vari scenari, conseguenze ambientali e socio-economiche di diversa entità. All’aumentare dell’anomalia termica crescerebbe in maniera marcata il numero di specie a rischio estinzione e il numero di persone esposte a siccità e forti ondate di calore e diminuirebbero quasi ovunque le produzioni alimentari.
 

IPCC_AR&_SPM

Figura SPM2 -  inserita nel Report IPCC  AR6 Synthesis Report  

Vedi originale 

 

 

Limitare il più possibile e in tempi brevi l’aumento delle temperature globali è fondamentale per contenerne gli effetti e per consentire un efficace adattamento.

 

"le opzioni di adattamento che sono fattibili ed efficaci oggi diventeranno limitate e meno efficaci con l'aumento del riscaldamento globale"